In Abruzzo si osserva la totale assenza di visioni integrate di sviluppo delle piccole comunità, che danno luogo a sistematici indebolimenti degli enti. Ciò pone un problema politico e un netto peggioramento dei valori democratici. Eppure nel rapporto con la pubblica amministrazione e nella richiesta di accesso ai servizi di base, il municipio dei piccoli centri è ancora il referente principale dei cittadini. Un aspetto, quest’ultimo, in linea con la tradizione dei comuni che fin dalla loro origine medievale, con la stesura di norme e statuti redatti in totale indipendenza hanno amministrato in materia di edilizia, territorio, viabilità, fabbisogno alimentare, gestione delle risorse, e altro ancora. Con la nascita della Repubblica e con la compilazione della Carta Costituzionale, è stata confermata per gli enti locali la funzione di presidio territoriale, ed è stata riconosciuta la loro autonomia. I piccoli comuni, quindi, rappresentano una particolare forma di governance locale. In diverse occasioni il legislatore si è occupato di loro, ma il quadro normativo che li riguarda denota una correzione solo parziale delle anomalie che ancora frenano l’applicazione di strategie utili. Quello dei piccoli comuni perciò rimane un argomento complesso, eterogeneo, urgente, che anche in Abruzzo il Partito Democratico vuole affrontare con delle proposte in accordo con gli obiettivi nazionali e comunitari, senza trascurare il senso civico e i valori storici che li contraddistinguono.

Il rafforzamento delle autonomie locali e del concetto di territorialità risulta essere prioritario. Occorre implementare i compiti assegnati ai piccoli municipi attraverso l’adeguamento strutturale delle risorse a disposizione, e conferire loro maggiori e innovativi poteri. Appare urgente individuare delle funzioni strategiche da affidare direttamente agli amministratori locali attraverso la semplificazione normativa, per scongiurare gravi ritardi decisionali su temi delicati come la  sanità o il dissesto idrogeologico. Per questi motivi viene avanzata la proposta di istituire un osservatorio che collochi i comuni direttamente in contatto con la Regione (e con gli altri enti superiori) per scambiare informazioni. L’obiettivo è di monitorare e di rendere misurabile il livello qualitativo e quantitativo dei servizi erogati sul territorio. In questo modo si otterrebbero dati immediati che consentirebbero di intervenire preventivamente al fine di evitare disagi e situazioni emergenziali.

Autonomia, territorialità, ma anche recupero delle opportunità rappresentate dalle politiche europee. In passato si è creduto che i piccoli enti non fossero in grado di relazionarsi con l’Europa. Molte amministrazioni sono state disincentivate a concorrere all’ottenimento dei finanziamenti messi a disposizione sotto forma di bandi dalla Comunità Europea. Quest’ultimo atteggiamento ha palesato un grave analfabetismo circa l’esistenza di legami tra gli ambiti locali e la dimensione europea. Ogni piccolo paese d’Abruzzo può annoverare fatti, luoghi, personaggi, che dall’epoca antica fino a quella contemporanea intrecciano la storia locale con la storia europea. È possibile, quindi, far dialogare la memoria storica dei piccoli comuni con la più grande storia dell’Europa, proponendo per l’aggiudicazione dei finanziamenti europei progetti incentrati sulle tradizioni locali, sul folclore, sui beni demo-ento-antropologici. L’intento è quello da un lato di riconsegnare alle popolazioni la propria identità culturale, dall’altro implementare il sentimento europeista facendo comprendere che i valori comunitari non sono in contrapposizione con le istanze delle aree regionali. A tal proposito è auspicabile il ripristino dell’iniziativa promossa dalla Giunta D’Alfonso, che aveva rivolto a gruppi di volontari l’invito a compiere ricerche storiche in affiancamento agli studiosi della Deputazione di Storia Patria degli Abruzzi, al fine di pubblicare volumi di storia locale. Progetto arenatosi con l’avvento del centro-destra al governo regionale.

Il volontariato contribuisce ad una nuova forma di municipalismo, più moderno e in linea con le recenti declinazioni che puntano a riscoprire i territori. Le soluzioni suggerite dal Terzo Settore, oltre a coinvolgere le popolazioni autoctone, vanno orientate anche al di fuori della stretta cerchia dei residenti. Si crea così un insieme aperto che trasforma il piccolo paese in un collettore di relazioni, che identificano fattori economici più ampi derivanti dal paesaggio, dalla cultura, dalla natura, dalle persone, e dalle attività svolte in un determinato luogo. L’obiettivo è di salvaguardare la coesione delle piccole popolazioni affrontando problematiche quali lo spopolamento, la regressione dei servizi, la carenza di personale professionalizzato, il decadimento delle infrastrutture, il patrimonio immobiliare pubblico e privato inutilizzato. Una criticità urgente che ci si propone di risolvere puntando sulle attività no profit riguarda gli edifici industriali dismessi. Il carattere vallivo delle zone industriali abruzzesi coinvolge un numero cospicuo di piccoli comuni, che spesso si ritrovano sul proprio comprensorio capannoni abbandonati che diventano un problema per la sicurezza, l’igiene, il decoro. Ripristinarli con finalità diverse da quelle della produzione industriale, potenziare la rete delle istituzioni per dare luogo a unioni di comuni, consorzi, convenzioni, favorire la cooperazione con le associazioni, i gruppi di volontariato, e gli investimenti privati, è l’occasione per riunire le esigenze di un numero maggiore di piccoli enti municipali rispetto ai bisogni sociali, sanitari, economici, ambientali, commerciali, del territorio.

La rigenerazione urbana è un altro tema decisivo per applicare politiche di sviluppo a favore dei piccoli comuni. Risulta essenziale riconquistare spazi attraverso un nuovo sistema di interconnessioni per stimolare da un lato la definitiva apertura alle nuove tecnologie, dall’altro un approccio diverso nell’utilizzo delle risorse. Puntando sulla produzione di energie alternative, rivalutando le attività artigianali, agricole, zootecniche, e allargando le opportunità occupazionali ad altre forme di crescita socio-economica più rispettosa dell’ambiente, è possibile introdurre un maggiore controllo da parte delle comunità locali sugli interventi amministrativi, sui servizi, sulle norme, che interessano il loro territorio. A tal proposito i Fondi di Sviluppo e Coesione rappresentano un’importante occasione per ristabilire la qualità dei luoghi. Bisogna evitare, però, che le risorse vengano erogate senza che siano agganciate a piani pluriennali di sviluppo. In passato, infatti, sono stati impiegati per finanziare le industrie senza che ci fosse un piano industriale solido, duraturo, e, quindi, senza che potessero evitare crisi occupazionali.

Coinvolgere i cittadini nelle decisioni affidando loro funzioni e compiti operativi significa riorganizzare la politica territoriale, contare su ulteriori forze ausiliarie, colmare lacune e difficoltà circa la carenza di personale negli uffici, oppure la cura degli spazi pubblici. Per fare ciò, però, è opportuno recuperare e restituire ai cittadini dei piccoli comuni i fondamenti della cultura politica, ossia la consapevolezza che anche presso i piccoli centri è possibile riunirsi per discutere di politica. Il Partito Democratico per tradizione, ma anche per struttura, appare come l’unico organo moderno capace di farsi carico di un compito così importante per la condivisione democratica dei valori storici, civici, identitari, delle piccole comunità.

Giuseppe Ferrante
Responsabile Dipartimento “Piccoli Comuni” PD Abruzzo